
Annalena Benini – Lettere rubate
Il Foglio, 31 ottobre 2015
«Birkenstock o scarpe maschili robuste. Forse hanno davvero tutte problemi ai piedi, non saprei dirlo. Ma, di nuovo, scegliere deliberatamente qualcosa di asessuato può sembrare strano. Non c’è niente di male in un paio di Birkie, ovviamente, ma portate sotto i vestitoni a pieghe danno l’impressione che tu stia sempre pensando: “Puah, niente sgradevoli faccende di letto per me”. Finisci con il sembrare ostile.»
India Kinght, Nel fiore degli anni (astoria).
La prima parola che viene in mente, chissà perché, quando si parla di invecchiamento, età di mezzo, e conseguenti regole per conservare un po’ di giovane grazia con dignità, è: Birkenstock. Tutti che sbarrano gli occhi e dicono: non usare le Birkenstock! Sei pazza, le Birkenstock! Hai deciso di annunciare al mondo che sei diventata una gattara che fa i tarocchi, o che ti sei innamorata di un’artista tedesca, o che vuoi trascorrere gli anni della pensione modellando ceramica e vendendo le tazze nei mercatini? Riabilitiamo le Birkenstock, liberiamole dal cliché sulla scarmigliata signora odiatrice di uomini, anzi tiriamo fuori senza vergogna le Birkenstock dagli armadi, e chiediamo loro scusa per averle derise in pubblico e usate in segreto. Le Birkenstock non sono un segno di invecchiamento, certo non più dell’espressione lucida e stupefatta da Botox, anche se India Knight, scrittrice e editorialista inglese, in questo pamphlet autobiografico intorno, appunto “al fiore degli anni che precede il crollo”, l’età prima della vecchiaia, i post cinquanta, sostiene che il Botox sia fantastico, tranne il rischio di scivolare nella follia che può portare ad assomigliare a un pesce visto di fronte dentro la boccia di vetro.
India Knight parte come sempre da sé, e offre alle signore questo consiglio estremo: “Pensaci due volte prima di metterti sopra”, e se ti chiedi perché no, appoggia uno specchio per terra. Ha deciso che la reticenza è dannosa, e che bisogna evitare, a una certa età, l’effetto gentildonna di Hampstead, l’effetto eccentrica, l’effetto tardona e l’effetto madre della sposa. Per stare lontane dall’effetto gentildonna sono perciò vietate, oltre alle Birkenstock, gli ampi abiti scandinavi o giapponesi privi di forma, spesso con pieghe artistiche, i braccialetti geometrici, gli occhiali grossi e pesanti, tutto quello che insomma grida: “Non sono una donna frivola”. La frivolezza è indispensabile, ma le trecce o i codini (“Chi sei, Heidi?”) sono vietati, e anche gli abiti etnici che non corrispondono alla tua specifica etnia. Non vestirti come la moglie di una rockstar, se non sei la moglie di una rockstar, non vestirti come se sentissi il bisogno di gridare a quelli che vivono a dieci chilometri di distanza: “Ehi, ho le tette!”, non comprare mai qualcosa che abbia “un drappeggio a cascata”, e non cadere nel baratro degli abbinamenti. E’ un diluvio di divieti, anatemi, comandi di abbandonare gli amici rompiscatole, perché fanno perdere tempo e energie (il sottotitolo è: non hai più tanto tempo). Non si superano i cinquant’anni per ubbidire a ordini sullo yoga due volte a settimana e la biancheria contenitiva. Quindi, splendide cinquantenni, tirate fuori tutti gli abiti leopardati, gli acciacchi, le trecce, i figli adolescenti, gli ex mariti, i tacchi a spillo, le scollature e naturalmente le Birkenstock.