
Mirella Serri – Frances Hodgson Burnett, la dura vita della donna nuova nell’età vittoriana
La Stampa, 13 gennaio 2016
Che adorabili quelle fresche e giovani ladies che, «circondate da nuvole di raso e tulle e pizzi e piume ondeggianti», sfilano nelle loro carrozze. Magari sono un po’ tremanti per il freddo ma hanno un’aria felice e appagata. Con Emily Fox-Seton, invece, la sorte si è accanita: rimoderna abiti vecchi con economici tagli di mussola e abita in una cameretta in affitto nella fangosa e popolare Mortimer Street. La differenza con le fanciulle che frequentano i salotti di Buckingham Palace è evidente, eppure la bella Fox-Seton dalle spalle larghe, vita stretta e alta statura non invidia le ragazze più abbienti. Dal momento che è di buona famiglia, anche se di condizione indigente, ha la fortuna di essere invitata pure lei nelle più lussuose magioni londinesi dove, tra un intrattenimento danzante e una festa campestre, incontra il suo principe azzurro, il marchese di Walderhurst. Pur corteggiato da ventenni in abitini color acquamarina, sceglie proprio la generosa trentaquattrenne e segna L’imprevedibile destino di Emily Fox-Seton (il volume sarà in libreria a gennaio, Astoria edizioni, pp. 280, € 17).
Arriva così il romanzo fino a oggi inedito in Italia di Frances Hodgson Burnett, celebre autrice di libri come Il piccolo Lord, Il giardino segreto, La piccola principessa e di una marea di titoli non solo per ragazzi, spesso pubblicati a puntate su magazine e poi in volume, accompagnati da gadget, con tirature altissime e trasposizioni cinematografiche.
Scritto nel 1901 e centrato sulla figura di Emily, L’imprevedibile destino non ha nulla della fiaba a lieto fine. Emily è un incrocio tra Isabel Archer del Ritratto di signora di Henry James e la scrittrice Jo di Piccole donne, e rappresenta la palpitante e avvincente denuncia della difficile condizione femminile nell’età vittoriana. Che fu poi la medesima situazione in cui si trovò la stessa Hodgson Burnett.
Una storia straordinaria e assai speciale questa della narratrice: nata nel 1849 in un sobborgo di Manchester, dopo aver sofferto la fame mantenne con i proventi delle sue opere i parenti e persino i suoi due mariti. Dopo aver perso il padre, emigrò con la numerosa famiglia a Knoxville nel Tennessee. Al momento di dire addio all’Inghilterra provò un cocente dolore: dotata di un talento precoce fu costretta ad abbandonare tutti i suoi scritti. A scuola si imbatté nei libri di Charles Dickens e di Walter Scott e fu folgorata sulla strada di Damasco del romanzo a sfondo sociale, dedicato alle vicissitudini delle classi più povere. Non aveva nemmeno vent’anni quando cominciò a pubblicare le sue novelle e da quel momento la letteratura diventò la croce e la delizia della sua esistenza.
Obbligata a non fermarsi mai, provata dagli sforzi, vittima di numerose depressioni e di crolli psichici, lei stessa si definì con autoironia una «macchina per scrivere». Sfornava tomi senza sosta mentre, assai indipendente, compiva numerosi viaggi e si spostava dal Nuovo al Vecchio Continente. Come la sua eroina dai lunghi capelli lucenti, a cui assomiglia anche fisicamente con il busto imponente, Frances sconta le privazioni della giovinezza: appena ha un po’ di quattrini spende e spande con una passione incontenibile per gli abiti di lusso (la cui descrizione è un tratto peculiare dei suoi romanzi), per le acconciature eleganti, per le carrozze e per la vita sociale. In occasione del matrimonio con Swan Burnett ordina a Parigi l’abito tutto trine e merletti, mentre le case spaziose e con grandi giardini non sono mai sufficienti a cancellare il ricordo della soffocante Manchester e della baracca del Tennessee.
Al pari dell’indaffarata Emily, Frances si conquista gli uomini proprio con la sua laboriosità. Anche il secondo ménage coniugale, celebrato a Genova e seguito da un romantico viaggio di nozze a Pegli (in una settimana in cui piove sempre), fallisce rapidamente: l’attore Stephen Townsend, di dieci anni più giovane di lei, dimostra di tenere fin troppo ai soldi e ai vantaggi che spera di ricavare dalla notorietà della consorte.
Dietro la figura di Emily si può leggere in filigrana la dura vita di Frances. Ma non basta. La Hodgson Burnett utilizza questo romanzo per esaltare le virtù ma anche per sottolineare le fatiche immani che toccano alla donna nuova del nuovo secolo. Di cui lei stessa era un emblema, finendo per meritarsi pure la disamina dei contemporanei. All’epoca del suo primo divorzio il Washington Post non mancava di attribuirle la responsabilità della separazione. La colpa? Aveva «idee veramente d’avanguardia sui diritti delle donne» che opprimevano i malcapitati che attingevano ai suoi cespiti.