Silvio Danese – “Le vacanze di una volta – Sorridente nostalgia”
Il Giorno, 21 settembre 2017
Dove vanno in vacanza le ragazzine milanesi del Terzo Millennio? Al campo estivo di Amnesty (Africa) con l’amica psicologa dura e pura della mamma (che intanto va in spedizione in Tibet). In motoslitta sul ghiacciaio Eyjafjallajökull (Islanda) con gli amici single di papà divorziato. Le più ricche e strafottenti, bastonate dalla quindicina secondo i consiglia dei blog «vacanze consapevoli per ragazzi viziati». Oppure, in Oman, trepidissimo, ma tutta la famiglia (serena, più o meno). Oppure a manovrare gps in alto mare e lanciare «Mayday Mayday» per salvare fratellini e babbo un tantino imprudente.
C’era una volta, invece, tanto tempo fa, quando anche la tata faceva il borsone, la vacanza della borghesia milanese. La quindicina stretta e tekno in capo al mondo era, al tempo di “Lascia o raddoppia”, tre mesi al villaggio Saraceno di Varigotti o in Pineta dietro Rimini, oppure nelle Alpi tirolesi, ma meglio in pineta dietro il Forte, scoprendo poi da adulte il backstage inverecondo della Capannina…. E ce ne volevano almeno due di mesi per dire «mi piaci» a un qualche sbadato coetaneo promettendo di rivedersi in città, mentre era segreto, irripetibile, come leggere precocemente, di nascosto, Una donna spezzata di Simon “castoro” de Beauvoir, che quello lì, quello grande con la Vespa e la camicia bianca slacciata, quello sì che faceva sentire strane.
Vacanze al mare, con mamma, le zie e le cuginette. Papà accompagnava. Papà ripartiva. Papà tradiva. Papà tornava: «La Borsa non chiude durante le vacanze!». Svelto ed evocativo, lieve e profondo qb (proprio il “quanto basta” delle ricette, di buona ideazione e giusta caratura), Kerestetìl (Astoria), di Irene Bignardi, dizione dal titolo della canzone di Trenet legata alla Suzette dell’omonimo racconto, è una silloge più di personaggi che di vicende, dove il segreto è la capacità di ricomporre, tra le diverse protagoniste adolescenti, una sola icona dell’età e di un tempo sociale e intimo (memorabile la Carlotta di La piattaforma: nuotatrice di piscina vicino alla Stazione Centrale, dagli ombrelloni di vacanza impone la sua impresa di “piccole donne crescono” a un mondo adulto distratto).
Giornalista, critico e direttrice di festival di cinema, madame Bignardi esordisce nella narrativa con un libretto rosso cuore da scoprire come il risvolto segreto di vecchie lettere di famiglia, in grado di infilarci nel potere di una memoria privata senza farlo pesare (la casa di via Ariosto), con una prosa aperta, fluide, e certe lunghe, piene frasi, come ognuno ricorda dai celebri pezzi su Repubblica negli ultimi quarant’anni).