Rassegna Stampa

Economia Italiana

Maddalena Dalli – Chi vince e chi perde in un matrimonio? La lepre o la tartaruga?

Economia italiana, 23 settembre 2013

Graffiante, profonda, intrigante. Una storia di vita e d’amore firmata dalla grande Elizabeth Jenkins in quello che viene considerato un classico della letteratura matrimoniale, ovvero La lepre e la tartaruga (Astoria, pagg. 258, euro 17,00). Un romanzo fresco e coinvolgente come se fosse stato scritto ieri, quando invece la sua stesura risale al lontano 1954. Evidentemente la classe non è acqua, e in quanto ad abilità narrativa l’inglese Jenkins, nata il 31 ottobre 1905 a Hitchin, nell’Hertfordshire, e scomparsa alla bella età di quasi 105 anni il 5 settembre 2010 in una casa di cura londinese, non è seconda ad alcuno. In quanto ha saputo affondare il suo affilato bisturi fra le pieghe trasversali del matrimonio (e dire che lei non si è mai sposata durante la sua lunga vita) come pochi altri hanno saputo fare.
Raccontandone i contorni e i risvolti, i punti di forza e di debolezza, l’interesse e il disinteresse che il tempo, giocoforza, mette in cantiere. Arrivando alla conclusione che in una storia d’amore, profondamente turbata dall’intrusione di un terzo incomodo, a vincere non è necessariamente la controparte più dotata, ovvero la più bella e la più giovane.
In effetti in questa trama raffinata e scritta in punta di penna dal punto di vista psicologico, che come logica vuole evidenzia un debole per la controparte più fragile, la Jenkins dà forse il meglio della sua abilità narrativa (al suo attivo ha una decina di romanzi), anche se il vertice della sua scrittura risulta probabilmente legato alle dodici biografie pubblicate. Come quella capolavoro dedicata a Jane Austen nel 1938 (che in seguito l’avrebbe vista parte attiva nella creazione della “Jane Austen Society”), ma anche quelle legate ai nomi celebri di Henry Fielding, di Lady Caroline Lamb, di Joseph Lister e della regina Elisabetta I, detta “La Grande”.
Che altro? Insegnante di inglese e di storia a fronte di una laurea ottenuta a pieni voti a Cambridge (al riguardo va ricordato che sino al 1921 in Inghilterra i diplomi ottenuti dalle donne contavano meno di nulla), durante la Seconda guerra mondiale avrebbe lasciato il suo lavoro in aula per assistere i profughi ebrei e le vittime dei bombardamenti, collaborando con il Governo e, più in particolare, con il Ministero dell’Informazione. Per poi dedicarsi alla scrittura – non più giovanissima – a partire dal primo Dopoguerra.
Tornando invece alla trama del libro in oggetto, in scena troviamo una coppia, rappresentata da un brillante avvocato (Evelyn) e dalla sua giovane e bella moglie (Imogen), nel cui privato si inserisce quatta quatta una loro vicina di casa (Blanche): una vedova cinquantenne, aggressiva e un po’ tozza, non bella e tutt’altro che elegante, mascolina. Insomma, caratteristiche che certo non dovrebbero attizzare la passione in un uomo. Eppure in Evelyn monta un’attrazione crescente, subdolamente pressato dalle malizie della vedova oltre che “aiutato” dalla passività e dalla timidezza della moglie. Moglie che, sia pure a fronte di una robusta sofferenza, sembra rassegnata alla resa, nell’accettare cioè la situazione senza voler combattere quella che potrebbe rappresentare una specie di lotta per la sopravvivenza.
Chi sarà, alla fine, a vincere la schermaglia amorosa in questa battaglia condita di dolore e di infelicità? La lepre Imogen o la tartaruga Blanche? Di fatto, comunque andranno le cose, non ci sarà da stupirsi in quanto i percorsi dell’amore – lo insegna la storia a fronte di meccanismi relazionali sempre uguali nel tempo – risultano bene e spesso incomprensibili e imperscrutabili. Come dire che non si sa mai dove vanno a parare.

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