
Mauro Castelli – Dalla nostra corrispondente
Economia italiana, 3 febbraio 2014
Proseguiamo attingendo a una delle voci più interessanti della narrativa israeliana, che vanta al suo attivo short stories, romanzi per adulti e bambini, opere teatrali e poesie. In effetti la pluripremiata Shulamit Lapid, nata a Tel Aviv nel 1934 (suo padre, David Giladi, è stato uno dei fondatori del quotidiano Ma’ariv), si propone come penna di tutto rispetto, tanto da essere nominata nel 1985, prima volta per una donna (lei che è stata anche portavoce d’avanguardia del femminismo israeliano), alla presidenza dell’Associazione scrittori ebraici. Fra le scarne note dei suoi trascorsi annotiamo studi Mediorientali e di Letteratura inglese presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, studi peraltro mai completati, nonché il matrimonio con il giornalista Tommy Lapid, dal quale avrebbe mutuato il cognome e avuto due figli: una femmina morta in un incidente d’auto e un maschio che, secondo tradizione di famiglia, avrebbe a sua volta intrapreso la carriera giornalistica. Insomma, la carta stampata deve aver svolto un ruolo importante nella vita di Shulamit Lapid, tanto da travasarla in un accattivante romanzo del 1989, Dalla nostra corrispondente (pagg. 250, euro 15,00), proposto ora in Italia dalle edizioni Astoria. Romanzo che, strada facendo, le avrebbe consentito di guadagnarsi nel 1996 il Krimipreis tedesco, uno dei massimi riconoscimenti della giallistica. Ma anche un romanzo nel quale l’autrice riesce a dare voce alle mille contraddizioni di un Paese in bilico fra normalità e cambiamenti, fra kibbutz fatiscenti e una giustizia malata, fra intrallazzi finanziari e giochi di potere. A fronte di una trama insolita e ricca di verve, che vede in scena una protagonista fuori dagli schemi. In altre parole una cronista tuttofare a caccia di uno scoop che le salvi il posto, perennemente in bilico. Lei che, single per scelta, si propone con quella strana camminata da cammello, con quegli occhi sempre un po’ addormentati, con quel fascino discreto di una apparente normalità. Si chiama Lisi Badichi, detta Lisi la svitata, e lavora per l’edizione locale de La Gazzetta del Sud. Ma la sua indolenza è però solo di facciata, in quanto la sua mente è sveglia, più che sveglia… E lo dimostrerà “trama” facendo, una trama accasata a Be’er Sheva, città ai bordi del deserto israeliano del Negev. Di fatto Lisi è una camillona completamente dedita al lavoro, vergine più per mancanza di tempo che di occasioni (ma strada facendo non mancherà di recuperare) e ha enormi piedi piatti. Insomma, non proprio una bellezza. Sempre in pista, la nostra cronista cerca di non lasciarsi mai sfuggire un incarico, terrorizzata dal suo direttore di Tel Aviv che minaccia, un giorno sì e l’altro pure, di mandare un sostituto (che alla fine arriverà, ma non stiamo a dire il perché e il percome). Come logica vuole, arriverà anche lo spunto per mettersi in mostra. Alla festa di compleanno di Pinchas Orenstick, importante giudice del luogo, cui presenziano tutti quelli che contano in questo ombelico di deserto, Lisi inciampa infatti nella sua prima avventura, nonché in un delitto familiare all’apparenza inspiegabile. Un delitto che le potrebbe costare caro, visto che è andata a mettere il naso dove non avrebbe dovuto e il suo servizio, pubblicato su due colonne da quei “figli di buona donna di Tel Aviv”, avrebbe messo in moto la ritorsione dell’assassino. Scritto con garbata ironia e ben strutturato, questo lavoro non mancherà di catturare l’attenzione anche dei palati più raffinati. Ah, dimenticavamo: Dalla nostra corrispondenteè il primo lavoro della serie dedicata a Lisi Badichi che Astoria ha deciso di regalare ai lettori italiani. Alla prossima uscita, quindi.