
Michele Lupo – La piccola Gran Bretagna di Crampton Hodnet e Britannia Mews
Alibi, 26 gennaio 2012
Ancora due romanzi dalla insolita intrapresa editoriale firmata Astoria, editrice milanese diretta da Monica Randi, dedita alla pubblicazione di una narrativa non destinata evidentemente a concorrere a un qualche pensoso canone della storia letteraria, ma a una sua onestamente ludica declinazione. Che non vuol dire necessariamente superficiale. O inerte. Ci riferiamo a un genere – dagli esiti difformi, com’è ovvio – che in un’elegante quanto confidenziale confezione, volutamente retro, enumera ormai quasi una ventina di titoli, esempi di prosa leggera ma non troppo, di autrici a volte non semplici da classificare, capaci di leggere con acume nelle pieghe degli ambienti sociali rappresentati: principalmente, il mondo inglese tra fine Ottocento e prima parte del XX secolo, fra campagna e città, convenzioni e abitudini piccolo borghesi, ritualità e fobie sociali, amori contrastati (com’è ovvio) e idiosincrasie sentimentali…
Se l’accento prevalente è da commedia, la struttura di queste opere è decisamente convenzionale. Inutile cercare innovazioni stilistico-formali: anzi, l’oscillazione di toni, fra la riconoscibile orecchiabilità dei motivi e il tentativo non di rado felice, ma di una causticità mai scevra di buone maniere, di penetrare gli strati di finzione, menzogna, ipocrisia dei mondi raccontati, può essere alla base della più o meno severa marginalizzazione dalle scene letterarie più onorevoli di un’Ada Leverson, di D.E. Stevenson, della stessa Margery Sharp, nota soltanto per la sua attività giornalistica e una serie di libri per adulti e bambini, The Rescuers, da cui la Walt Disney trasse Bianca e Bernie. All’umorismo, si sa, può accadere di scivolare facilmente verso il compiacente occhietto al lettore: e disorientare anche quelli “del mestiere”, dagli editori ai critici, in senso spesso negativo. Così, alle scrittrici da un po’ di tempo a questa parte ripresentate nel catalogo Astoria, è successo di non godere della considerazione che invece pensavano di meritare. Vale per la Sharp, della quale viene presentato il corposo romanzo Britannia Mews, storia della ribellione di una ragazzina londinese di buona famiglia. La giovane si innamora dell’uomo sbagliato, prima ancora che per lei, che ovviamente non lo sa, per i suoi genitori. La vicenda prenderà una piega tale da giustificare il sospetto che, per quanto fossero insopportabili, quei genitori non avessero tutti i torti… Si tratta di una scrittrice che conosce il mestiere, sa immettere una vicenda individuale in un contesto sociale più ampio, fra la Londra “bene” e quella degli slums.
Più controversa l’esperienza di Barbara Pym, nemmeno lei gratificata da una carriera di pacifici riconoscimenti, tutt’altro, ma non priva di ricorrenti attestati di stima, non mancandole paragoni illustri con il meglio di una certa tradizione inglese che vede il suo vertice in Jane Austen. Nel romanzo uscito alla fine del 2011 assieme a quello della Sharp, Crampton Hodnet, assistiamo alla rottura di un banale tran tran oxfordiano fatto di ricevimenti e tè pomeridiani, chiacchiere da salotto e, al solito, romantiche fantasticherie amorose. Qualcuno guarda questo mondo asfittico con l’ironia sufficiente a farlo deflagrare. Succederà quando nella stucchevole cornice entreranno personaggi che porteranno il gioco della menzogna e del travestimento alle estreme conseguenze.